Dunque, la guerra! by Bernard-Henri Lévy

Dunque, la guerra! by Bernard-Henri Lévy

autore:Bernard-Henri Lévy
La lingua: ita
Format: epub
editore: La nave di Teseo
pubblicato: 2023-03-15T00:00:00+00:00


All’indirizzo dei miei amici tedeschi (sull’Ucraina)

Migliaia di americani in stato d’allerta, non lontano dalla linea del fronte ucraino.

Il premier britannico sul punto di prestare loro soccorso terrestre, aereo, navale... La Francia che lavora per disinnescare l’escalation militare e al tempo stesso annuncia l’invio di un battaglione in Romania...

La Svezia che si mobilita contro le provocazioni della Russia e sta muovendo le sue navi... Anche se non c’è nulla di certo, anzi, si tratta della prima bella notizia dell’anno: il mondo libero (sì, non dobbiamo esitare a dire “il mondo libero”!) che reagisce all’eventualità di un’invasione dell’Ucraina – e Putin che, come previsto, comincia a ripiegare.

A un sussulto del genere, fa eccezione un paese: la Germania, dunque, la prima potenza europea.

La neoministra degli Esteri, l’ecologista Annalena Baerbock, il 17 gennaio, a Kiev, ha escluso l’opzione militare ma ha inviato cinquemila elmetti protettivi. Poi vari esponenti socialdemocratici, come il capogruppo del partito al Bundestag, dichiarano di “comprendere la sensazione di minaccia” provata dal Cremlino.

Poi lo stupefacente caso dell’Estonia che decide di consegnare a Kiev 42 obici D-30 prima che la Germania le ricordi che quelle armi sono state, fino a non molto tempo fa, proprietà della DDR e che Berlino è intenzionata a interdirne l’esportazione.

Per arrivare infine al capo della Marina militare, Kay-Achim Schönbach, costretto alle dimissioni dopo aver fatto propri gli slogan più grossolani della propaganda russa: il gentile Putin che chiede unicamente di essere “rispettato” dai cattivi vicini ucraini... Di più e di peggio: ecco tornare a galla la questione del famoso gasdotto Nord Stream 2, scavato sotto il Baltico e destinato a rifornire di gas russo la Germania e l’Europa.

Dobbiamo proprio ricordare che il gasdotto, il cui tragitto corre parallelo a quello del suo gemello Nord Stream 1, operativo da dieci anni, non fornirà né energia meno cara né energia migliore?

Che l’unico effetto tangibile di questo progetto faraonico sarà quello di aggirare Polonia e Ucraina, per privarle, a fil di logica, delle preziose tasse di transito?

E che, per noi europei, l’avventura si risolverà in un’ulteriore dipendenza da una Russia in grado, teoricamente, di chiudere i rubinetti in qualsiasi momento?

Si riapre dunque il dibattito. La NATO chiede al cancelliere Scholz di sospendere questo gasdotto inutile e assurdo, la cui funzione principale, secondo gli ucraini, sarebbe quella di indebolirli. Tuttavia, se anche Scholz alla fine si deciderà a farlo, sarà solo dopo aver eluso il problema, tergiversato, sostenuto che si trattava di un “progetto privato” o aver espresso la sua riluttanza a “trascinare nel conflitto” questo fiore all’occhiello della tecnologia industriale e finanziaria tedesca...

Mentre gli alleati della Germania si perdono in congetture.

I primi evocano (ma è così lontana) l’eredità della Ostpolitik di Willy Brandt.

I secondi evocano le colpe tedesche e il tempo in cui, come diceva Paul Celan “la morte era padrona della Germania”. (Ma perché di tali colpe non dovrebbero beneficiare anche gli ucraini?)

I terzi vedono nel neopacifismo l’impronta di un’ideologia, il “cambiamento grazie al commercio”, il cui teorico è stato, cinquant’anni fa, in Les Armes de la



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